Contributi

Bellezza Vera, RICCARDO MANNELLI
Alessandra Frosini

Bellezza Vera

FERMO IMMAGINE
La Bellezza, un racconto blue note. (https://it.wikipedia.org/wiki/Blue_note)
Nel 1898 Gustav Klimt realizza la prima versione della sua opera Nuda Veritas, una litografia pubblicata su “Ver Sacrum”, rivista della Secessione Viennese: una figura femminile stante, che si mostra completamente nuda a noi, senza pudore, con uno specchio in mano rivolto verso chi guarda, esorta lo spettatore a confrontarsi con la verità, insidiata dal serpente che incarna la menzogna. Un nudo non idealizzato che diviene icona definita da una fissità e inquietudini nuove, che parla all’uomo contemporaneo attraverso una nuova simbologia, che corrisponde alle esigenze culturali, politiche e sociali del tempo, inevitabilmente manifesto dell’arte come libera messaggera di verità della propria epoca. Nella parte alta dell’incisione un’iscrizione, citazione di una frase dello scrittore tedesco Leopold Schefer, introduce al tema: “La verità è fuoco e parlare della verità significa illuminare e bruciare”. Klimt, conscio della forza dirompente di un’immagine non idealizzata, che urta e scuote gli animi degli spettatori, parlando di loro stessi, mettendoli di fronte ad un ideale specchio, dichiara attraverso un titolo e un’iscrizione un concetto, mediando con la parola l’immagine creata. Per parlare di nuda verità concretizza l’immagine in una donna nel fiore degli anni, rappresentante di una bellezza reale, concreta. La bellezza dunque come verità?
La Bellezza è un valore asimmetrico, privo di reciprocità, privo di risposta, ma percorso da una inevitabile e accecante carica di verità. La sua trama va seguita, interpretata, e dietro ad essa si cela il segreto delle cose del mondo. Il valore intrinseco della bellezza si nasconde qui, nella sua capacità di alimentare lo spirito, di risvegliare dal torpore il nostro pensiero, di raccontarci il vero, di essere, dunque, verità.Le immagini delle opere di Riccardo Mannelli sono caratterizzate da una schiettezza tale che non permette allo spettatore di ignorare o di equivocare ciò che sta guardando. La sua è un’immagine- verità, sostenuta dal rigore di un’indagine, che, mentre si nutre e si arricchisce della ricerca ossessiva del dettaglio, mai si riduce ad una pedissequa annotazione del reale. Mannelli ricostruisce il suo mondo di cose e persone col procedere lento di segni e colori: la costante ricerca dell’evidente e del suo manifestarsi interiore diventa per lui strumento e metodo che gli consente di penetrare l’intima essenza delle cose.Un’essenza che “illumina e brucia”, come dice Schefer, che insegna agli occhi come rimettersi a vedere, per cogliere, nello stesso istante, l’invisibile nel visibile.
La bellezza come verità pervade, nella serie degli Hasta mañana, le coppie distese, corpi abbracciati e avvinti dall’amore, che si nutrono della loro reciproca presenza e che non si possono definire figure perché la loro consistenza è reale e quasi tangibile. Sono corpi incisi dal tempo e dalla vita, corpi vivi e vitali, corpi anziani, corpi sgraziati o bellissimi, normali e straordinari al tempo stesso, che esistono in quell’hic et nunc di cui tutto è partecipe: ogni particolare è sostanziale.L’interesse è puntato sulle diversità, che vengono enfatizzate,  esasperate, sottolineate fino a diventare punto focale dell’attenzione e le figure vivono in consustanzialità con la realtà attorno, fatta di abiti, stoffe, divani, pavimenti, tende, senza soluzione di continuità espressiva.
Le figure singole, di donne che affermano il proprio essere (Sono una donna; Blues) o che si mostrano nell’attimo prima dell’atto sessuale, offrendo l’autenticità del proprio donarsi, creano una selva di apparizioni e desideri, nell’avvicendarsi ed esplicarsi di ripetizioni e variazioni. Sono figure preparate a sostenere e attendere lo sguardo, a cercarlo, ricambiarlo in un tempo disteso, occasione contemplativa ed effimera, che partecipa del tempo del sogno, della memoria, della cura e del tempo stesso dell’immagine, in visioni ricolme di vita e sempre consapevoli della morte.
L’immediatezza di queste immagini nasce anche dalla modalità stessa con cui si formano: Mannelli lavora senza un disegno preparatorio o un abbozzo, ma solo partendo dai parametri di riferimento, come si fa nella pratica, da lui sedimentata negli anni, del disegno dal vero. Così il disegno si forma, assorbito dalla carta cotone da acquarello su cui lavora, con pastelli, colori ad acqua e olio per lumeggiare, con segno inciso, attraverso una mano “pesante” che in certi casi arriva quasi al limite dello spessore del foglio.Nulla è lasciato al caso e così nel taglio delle composizioni e nella costruzione del disegno di queste figure si ritrovano punti di riferimento che affondano le loro radici nella tradizione artistica passata, partendo dal Quattrocento toscano, attraverso poi il simbolismo e l’espressionismo tedesco e per autori come Klimt, Kokoschka e Schiele, da cui mutua una nuova sintesi fra spirito e sensi, declinata in una dimensione più intima della realtà. Fra i contemporanei è vicino al realismo neo-espressionista di Lucian Freud, di cui sottolinea i segni che l’esistenza lascia sui corpi umani. Di Francis Bacon riprende e richiama la pittura che inventa il corpo e lo pone nello spazio, nella superficie del quadro, secondo un movimento capace di pensare un corpo, concedendo allo sguardo angolature e superfici inedite. Quello che si crea è allora un racconto, è storia simultanea, che si fa percorrere a grandissima velocità nel momento in cui la parola-segno rallenta, concentra e dilata lo spazio. Del resto il racconto è, come dice Roland Barthes, una categoria trans-storica, fuori dal tempo, che può sostanziarsi in innumerevoli supporti materiali, dalla parola, al gesto, alla scrittura, all’immagine. Mannelli è un autore di racconti in cui la maggior parte dell’atmosfera resta sospesa per tendere  l’immaginazione, per creare un equilibrio che è sempre precario, per cogliere il qui e ora, cancellando un solo modo di raccontare e istituendone un altro, differente, dotato di un ritmo proprio. E’ il ritmo del racconto nelle immagini che si nutre anche di numerose suggestioni letterarie, che vanno da Baudelaire a Rilke, da Conrad a Mann, fino ad arrivare a Celine (Viaggio al termine della notte e Bagatelle per un massacro,  innanzitutto). E’ un ritmo Blues, come il titolo di una serie di sue opere, che assume forme contratte o sincopate o aleatorie, ritmo leggero che si fa musicale per congelare le espressioni in un arco delicato del loro svolgimento.Il ritmo è dato allora dai segni del disegno, che costruiscono un senso proprio, capace di disturbare, sedurre, stupire, e convincere.La sua pittura è questa sorpresa, è la sorpresa di un racconto dominato da attimi folgoranti e squisiti, animati da una mitologia tenace e da una suggestione quasi ipnotica. Non astuzia dell’effetto, ma condizione narrativa rappresa tra i grumi opachi e forti dell’immagine: un racconto blue note eseguito per noi.
 
Galleria Gagliardi-2016: mostra personale di Riccardo Mannelli "Bellezza Vera" a cura di Alessandra Frosini