Kenji Takahashi

Opere

Artista Kenji Takahashi

Kenji Takahashi espone nella nostra galleria dal 2000.

“Tutte le cose cambiano forma col passare del tempo e con la modificazione naturale. La screpolatura nata sul marmo con un colpo di martello può diventare uno degli elementi della forma primaria. Io vorrei rappresentare l’inevitabilità della relazione tra spaccatura e cucitura ripetuta sul marmo. Penso che fare a pezzi il marmo è una liberazione del fisico, ricostruire è una meditazione mentale”.  Kenji Takahashi

La forma è ignara di aggettivi, tesa verso il congedo di ogni significato: eppure conseguita attraverso una composizione irritata di sensibilità resa da elementi di marmo che conoscono la frattura, l'imperfezione il dispendio e la successiva ricompattazione (anzi la laterale ricucitura). Il tutto, però, lasciato in vista, quasi a voler esibire i materiali usati e il procedimento messo in atto; e anche: il tutto, impegnato per depotenziare l'idea di perfezione, per svalutare l'illusione della totalità. Risonanze, dunque, del pensiero Zen, nell'opera del nipponico Kenji Takahashi: costruzioni di mondi discontinui ed aperti inquadrati dal vuoto e non inquadranti nulla, ambizioni fisiologiche di spazio, ma di uno spazio che perde invariabilmente il suo luogo, che smarrisce il suo centro: infine avventure di una materia lavorata dalla pausa e dalla sottrazione. Ma il vero senso della scultura sta lì, in quel continuo trauma, in quell'evento spezzato, in quel suo esistere-non esistere. Non si tratta però dell'elaborazione (tutta occidentale!) del lutto, ma proprio della presentazione di una infinita origine, della pratica del linguaggio conciso, come se il tutto fosse indicibile o come se si potesse dire sempre qualcosa ancora. Gli stessi frammenti che strutturano la scultura non sono da leggersi come separazioni, ma come aggiunte; segni che negano la definizione in favore di una ulteriorità (di un vuoto) che permette allo sguardo di penetrare e di "crearsi" il suo pieno.

Kenji Takahashi è nato nel 1957 a Kitagata, Gifu in Giappone. Si è laureato in Scultura all’Università di Belle Arti a Tokyo Zokei nel 1981 e finisce il corso dopo laurea nella stessa università nel 1984. Nel 1989 si è trasferito in Italia. Dal 1992 vive e lavora a Carrara. Simposi: Simposio di Scultura di Pognana Lario, Como; 1988 - IX Simposio di Scultura di Carrara, Carrara; I Simposio di Incisione di Pognana Lario, Como; I Simposio di Scultura di Fossano, Cuneo; 1999 - X Simposio di Scultura di Nanto, Vicenza; XIII Simposio di Scultura di Carrara, Carrara; Arte Sport e Territorio; Albese con Cassano, Como; I Jeem International Sculpture Symposiu, Lattakia, Syria; V Simposio Internazionale di Scultura di Puerto del Rosario, Spagna; 2006 III Simposio Internazionale di Scultura di Amman, Giordania; VI Simposio Internazionale di Scultura di Puerto del Rosario, Spagna; 2007 - Simposio Internazionale di Scultura di La Hague, Francia; III Simposio Internazionale di Scultura di Comitan, Chiapas, Messico; 2008 - Simposio Internazionale di Scultura di Cerisy la Foret, Manche, Francia; IV Simposio Internazionale di Scultura di Amman, Giordania; I ksan Internazionale Stone Cultura Project, Iksan, Corea del Sud; 2009 - Simposio Internazionale di Scultura di Damme, Germania. 

Di fronte ad un blocco di marmo, lo scultore si pone in meditazione e, in una comunicazione interiore, ne intravede la forma che la materia tiene gelosamente imprigionata; via via ne toglie le prime scaglie, lo smussa, fino ad abbozzarne la struttura, ancora scava, segue le venature assecondando la massa, fino a farla emergere come una Venere dalle acque. 
Un lavoro, questo, che normalmente tende a creare un prodotto artistico la cui bellezza è estrinseca: per esso si ricerca l’eleganza, la materia levigata, l’equilibrio delle forme, il senso del bello; opere che emozionano e coinvolgono, ma di cui vediamo solo la superficie. 
Di fronte alle opere di Kenji Takahashi, non si ha questa impressione. 
Di fronte alle sue opere si rimane meravigliati e sorpresi, impressionati nel vedere un’opera che nasce da una frantumazione della materia. 
Il lavoro di Kenji Takahashi è complesso e ha vari risvolti con diverse chiavi di lettura. In ogni artista c’è molto dell’uomo, in ogni opera esso riversa la sua storia, le sue esperienze, le sue paure e angosce ma anche le sue aspettative, i suoi sogni, le sue gioie. 
Analizzando le opere di Takahashi, in una prima lettura possiamo vedere nel gesto violento dello spaccare in mille pezzi l’opera che egli ha già abbozzato, un gesto liberatorio; come se in esso liberasse tutta la sua energia ed esorcizzasse se stesso poi, nel frugare nelle interiora della materia togliendo la polpa del masso, svuotandolo completamente, un catarsi. 
Poi l’artista si sostituisce all’uomo; i frammenti, privati della forza coesiva della materia e nel loro spargimento, Takahashi li libera dalla forma intrinseca che essi racchiudono e in questa totale libertà egli ricostruisce la forma; la materia, privata della voce nel narrare sé stessa, si lascia prendere, assoggettata totalmente alla volontà dell’artista e senza porre condizioni, si lascia plasmare. In questa seconda fase, l’artista giapponese, con pazienza ricostruisce il volume e insieme definisce la forma. Dalla distruzione, la rinascita, come accade nella vita, nella storia dell’uomo, nella storia dell’umanità. 
I frammenti, ignari della forma che sarà, si lasciano comporre per un progetto finale; questi vengono riassemblati spesso con un mastice dai colori vivaci in contrapposizione con il biancore del marmo, quindi ricuciti con nylon colorato: suture caritatevoli, a compensare il dolore prodotto. 
Un rammendo fondamentale in queste opere: la costruzione dalla distruzione; una cicatrice che volutamente l’artista vuole ben visibile, essa rimane nella storia di queste sculture a testimonianza di una integrità che fu, portando con se la memoria di un gesto e della loro rinascita. 
Gli stessi elementi che formavano il masso sono gli stessi che partecipano alla forma futura, in un gesto d’amore Takahashi li coinvolge a quello che è il loro divenire. Siamo di fronte a forme che nascono da una antitesi: dal marmo frantumato nasce la scultura. 
Un'esigenza interiore dell’artista che attraverso le sue opere racconta metaforicamente la storia della vita, dolore e gioia di una vita restituita. 
Ma la ricerca di Kenji, non si ferma qui, egli fa propria la filosofia Zen, nella quale perfezione e imperfezione coesistono, e la perfezione è nascosta tra le pieghe di quello che si crede imperfetto. 
Ed ecco che allora nelle sue sculture, Takahashi, lascia intravedere l’interno di esse, perché il materiale in sé, nella sua primaria forma è essa stessa perfezione. 
In altre sculture Takahashi si mette in gioco in una sfida con il materiale, realizza forme da un unico blocco, con curve e sinuosità impensabili con il marmo. In queste ritroviamo minute scaglie di marmo, che nel piccolo incavo lungo la dorsale della scultura, vengono inserite con certosina meticolosità e intrappolate sotto una ragnatela di fili di nylon colorati quasi a dare, con questi, vita al marmo inerte e dando loro ruolo di tessuti e canali vitali ove possa scorrere linfa della materia. 
Opere che Kenji Takahashi ci offre dopo una ricerca interiore di una condizione esistenziale e una ricerca materico-formale degni di un grande artista e profondo conoscitore dell’elemento trattato. 
Forme inaspettate, opere che raccontano la loro storia, che ci sorprendono per la loro realizzazione, e che ci meravigliano per la loro eleganza, che ci affascinano per il loro ermetismo.

Isabella Del Guerra 2008

 

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