Contributi

OLTRE IL REALE, MICHELE TARICCO
Isabella Del Guerra

OLTRE IL REALE

Il gioco è guardare con la lente i dipinti di Michele Tarocco, seguirne le piccolissime pennellate, lasciarsi trasportare in un microcosmo, ove ogni tocco di colore ha una sua funzione, una propria logica. Bilanciamento di colori, precisi, in un dialogo rigoroso tra materia e luce. Osservare con attenzione quanto intenso sia il bianco, minime le sue variazioni cromatiche.Precisa e sapiente è la traccia lasciata dalla piccolissima punta di pennello che delinea i soggetti, accende i riflessi sulle buste di plastica trasparente, sulle foglie arricciate, sul bordo di un bicchiere.Si entra così, nel mondo immoto e silenzioso, delle opere di Taricco.Uno spazio circoscritto, quale una tela, è un mondo ove l’artista entra anch’esso, chiude la porta della realtà circostante ed è solo. Per dipingere l’artista ha bisogno di immergersi nel proprio mondo interiore, attingere dai suoi ricordi, dalle immagini che porta dentro di se, trasferendo alla propria opera un anelito di vita poetica che fa di essa, un'opera unica. Lo spazio della tela diventa il luogo dove l’immagine reale si piega, finalmente, alle poetiche realtà di un'intima e più segreta visione.Le opere di Taricco sono classificate da molti, “iperrealiste”; esse nascono da un’attenzione che l’artista ha sempre avuto verso l’oggetto comune come parte integrante della nostra realtà: composizioni di oggetti poveri, di uso quotidiano, oggetti che nella nostra frenetica vita, raramente sono degnati della minima attenzione ma, eccoli, portati alla ribalta, omaggiati e, dando loro uno spazio e vita propria, essi ritrovano il loro decoro.Taricco non cede all’inganno del mondo reale dove le cose sembrano senza anima, fatte solo di mera materia atta unicamente all’uso e consumo quotidiano. Nella realtà gli oggetti sono toccati, usati, manipolati e cessano di esistere perché rotti, abbandonati, dimenticati; essi partecipano alla nostra vita nel reticolo di gerarchie transitorie e spesso come altro da noi; l’occhio ne vede le forme ma spesso l’anima ne trascura l’incanto.Mentre viviamo il nostro divenire prestiamo poca attenzione a ciò che è stato. Taricco non cede all’inganno del mondo reale, ma s’inchina, alla magia di una realtà più vera, fatta di dettagli, intravede per noi una dimensione dove gli oggetti raccontano della propria esistenza in contaminazione con l’uomo; rinnova dialoghi interrotti dove impreviste suggestioni e verità riaffiorano. Taricco ricompone l’evidenza e la totalità della realtà, dove possiamo percepire gli oggetti per quello che realmente sono o sono stati, veri e propri soggetti ricchi di vita e rinnovata dignità.Lo spazio nel quale vivono è quello iper-reale della poesia e dell’incanto.Con raffinata precisione Taricco raffigura, frutta racchiusa nelle buste di plastica trasparente che troviamo in grande quantità nei supermercati; quando mai abbiamo soffermato la nostra attenzione su quel sacchetto ripieno di arance, limoni, mele, uva, che al ritorno dalla spesa abbiamo frettolosamente abbandonato sul tavolo?, lo ritroviamo sulla tela, celebrato, sotto tagli di luce che fanno vivere quella plastica, altrimenti inerte. Provocatoria, quasi una denuncia dell’abbandono e della trascuratezza, nelle sue tele sono ritratti vecchi edifici ormai facenti parte di un'archeologia industriale, edifici muti, in un'immobilità che l’abbandono ha reso fantasmi di un tempo remoto, orfani di quel lavoro dell’uomo che li rendeva vivi. Dipinge sacchi neri abbandonati per strada, stracolmi di rifiuti urbani, dipinti con meticolosa dovizia, onora una pozza d’acqua dove galleggia una lattina vuota, uno straccio liso che il vento ha trasportato e che ha lasciato poi, impigliato nel ferro di una vecchia rete. Ci ripropone i manifesti strappati, che ogni giorno ci accompagnano lungo le strade che percorriamo, manifesti che danno il senso del tempo con la loro stratificazione di carta logora e che qualcuno si è divertito a scorticare, lasciando testimonianza di un passaggio, di una presenza.
E, ancora, oggetti di vita quotidiana, una vecchia sedia, cassette di legno svuotate della frutta all’angolo del negozio, una porta consunta rimasta chiusa da anni, logore finestre che si affacciano su muri sgretolati dal tempo, una bicicletta appoggiata al muro che attende paziente il ritorno del suo proprietario. Oggetti, solo oggetti,il pennello di Taricco riporta alla vita con il sapiente uso della luce. Ma se guardiamo meglio, con sorpresa ci accorgiamo che ogni dettaglio dell’opere parla anche di noi:della nostra assenza, delle nostre attese, dei nostri segni, del nostro passaggio.Nel quotidiano siamo sempre e comunque sottoposti ad una successione incessante di immagini che, come un caleidoscopio invadono la nostra mente e indeboliscono la nostra sensibilità: la memoria dei nostri gesti e dei nostri sguardi spesso non va oltre gli stessi gesti e le cose frettolosamente “non viste”.Sempre più difficile diventa mantenere alto e integro il nostro grado di attenzione verso il mondo che ci circonda. A volte restiamo come disorientati e viviamo la realtà in modo irreale: ci perdiamo nel guardare sempre altro col risultato di trovarci sempre altrove. Per Taricco questo pericolo non esiste: è un’artista che crea opere dove la bellezza nasce da un intenso e intimo rapporto con la realtà circostante , nasce già fuori della tela , si alimenta dell’amore e della cura nel scegliere sapientemente i soggetti, ne calibra le luci, mentre con lo sguardo indaga oltre il reale.Egli ci regala una chiave di lettura, la quale, invitandoci a guardare con gli occhi dello spirito, ci induce a soffermarci ed a condividere insieme, una poesia, che trasmette a questi modesti oggetti una propria anima, dando ad esse quell’anelito di spirito vitale che ci coinvolge.

Galleria Gagliardi - 2005: mostra personale "Oltre il reale" di Michele Taricco, testo critico di Isabella Del Guerra