Comunicato Stampa

LA SOGLIA DEL MISTERO di ANGELO TITONEL
Testo critico di Ennio Pouchard
dal 07/04/1994 al 02/06/1994

1994 - Galleria Gagliardi, San Gimignano

ANGELO TITONEL

“LA SOGLIA DEL MISTERO”

Segni di una civiltà lontana, o anche tracce di evoluzioni biomorfiche, paiono questi dipinti di Angelo Titonel, oli e acrilici su tela o legno i più grandi, oli puri quelli di dimensioni minori su carta, tutti datati tra il 1992 e il 1994. C'è un colore unico in essi, il nero, modulato nell'infinita scala degli impasti o delle diluizioni (a seconda che si tratti di pittura materica o no) che lo portano per sfumature appena percepibili fino al bianco assoluto: colore - luce che secondo la fisica combina in se tutta la gamma cromatica.

Contenuto e forma vi sono presenti al valore minimo di espressività e massimo di allusività metaforica, che sono condizioni diametralmente opposte a quelle dei tardi anni '70-primi '80, il momento dell'analisi a freddo sul reale compiuta da Titonel, visto da Rossana Bossaglia come una "risposta che non sconfessa il senso collettivo (l’evento anonimo come simbolo di evento di tutti) proprio della sua produzione precedente, ma ne estrae gli aspetti di più segreta riflessione sul destino del singolo nel destino comune" (catalogo “Titonel '80”).

Riflessione dura per chi la compie, abbinata forse, nell'inconscio, a un bisogno di confrontarsi con quel "saper fare" virtuosistico dal quale può essere sorpreso chi - come lui - si è formato nel lavoro, che è proprio del pubblicitario, di costruzione di immagini subordinate al messaggio da diffondere. Il bisogno di mimèsi, voglio dire, può pervadere il pittore perché soddisfacendolo egli ha il senso di dominare la realtà, di diventare "...padrone di tutte le cose che possono cadere in pensiero all’uomo" (Leonardo, “trattato della pittura”), ed e come il bisogno di correre sull'erba per chi e cresciuto tra i campi.

Poi il processo si è re-interiorizzato; la mano ha ripreso a condurre il pennello seguendo il passo del sentire profondo, ed è stato come se il pittore avesse di fronte un rivelatore delle vibrazioni minime attivate. Nella massa di sinapsi e neuroni che a migliaia di miliardi analizzano le sensazioni traducendole in microimpulsi elettromagnetici per dare forma al pensiero e alla memoria. E' stata questa la fase in cui sono comparsi gli occhi - solo gli occhi perduti nel campo del colore quasi per donare anche alla materia pittorica la capacità di guardare -, e poi le cellule, e i segni di un mondo originario costituito da archetipi.

Da allora - ultimi anni '80 - Angelo modella, accarezza e tortura, fa vivere e cantare la superficie pittorica; recupera nell'immagine atavica, nel ventre della gran madre, nei cromatismi terrosi e calcarei, di muschio e di polvere, una dimensione spirituale, un'evidenza di bontà inedita.

E la materia gli risponde offrendosi per farsi plasmare, quasi memore dei primi forgiatori della preistoria, dei primi scultori ancora ignari del significato di fare arte: nascono le ceramiche che costituiscono la fase più recente della produzione del nostro artista, vista ancora da lui con il corpo e la mente gonfi di quella sensazione ineguagliabile che è l‘emozione della scoperta (può accadere anche a chi crede di possedere ormai tutto, e tanto più vale quanto più ci si sente, e si è, maturi). Ecco allora che i neri e i grigi dei dipinti esposti in questa mostra appaiono quali corrispettivi in pittura della materia plasmata; e il fuoco da cui quella viene vetrificata qui lo si riconosce visualizzato in ombre, in tracce fumose, in forza nei tratti, in un disegno deciso ma certosinamente lavorato, sbavato dal passare e ripassare di traverso sui bordi.

La realtà non è svanita, ma riappare ambigua in un contesto di cabala sicuramente evocato dai pattern grafici e dai titoli delle opere: un numero a tre cifre seguito da un carattere alfabetico.

Voler indagare oltre forse è più nocivo che infruttuoso; c'e un mistero che non è il pittore a indicare né a cercar di svelare perché riguarda la sua ansia stessa di chiarezza nel pensiero e di verità nella vita. Il compimento di queste opere credo valga per lui il superamento di una soglia oltre la quale pathos ed ethos procedono all'unisono.

Ennio Pouchard