Comunicato Stampa

TERRE LIBERATE di
Testo critico Gian Carlo Bojani
dal 14/05/1993 al 23/05/1993

1993 - Galleria Gagliardi, MONTERONI (SI)

Presentazione

Prof. Gian Carlo Bojani

Le occasioni e i luoghi espositivi in Italia per i ceramisti contempo¬ranei sono rari. I concorsi annuali o biennali che si svolgono a Faenza, Gualdo Tadino, S. Stefano di Camastra, Savona, Castellamonte, Montelupo, Grottaglie; altri centri di mostre temporanee come Gubbio, il Museo della ceramica di Laveno o Arte Fiera di Bologna con pochi altri, anche se svolgono un ruolo rilevante di conoscenza e documentazione, possono considerarsi una eccezione che conferma la regola.

Le iniziative sopra ricordate permettono assai di rado, infatti, un aggiornamento sullo sviluppo del lavoro svolto dalle varie generazioni viventi, da quelle dei maestri che perseguono itinerari propri via via sino alle leve emergenti dei giovanissimi, i quali è così difficile stanare e accortamente individuare nelle stesse selezioni dei vari Concorsi.

Questa mostra intelligentemente accolta dal Comune di Monteroni d’Arbia e collocata all’aperto nei giardini antistanti il vecchio Mulino, è un esempio di come possa orientarsi una ricerca sull’esistente, sulla sua fluidità, sia sul noto sia sul meno noto. Essa non procede certo sul filo metodologico di un censimento della ceramica, sia pure con un preciso taglio critico a monte: esso scaturisce piuttosto da una prima indagine a largo raggio svolta da Stefano Gagliardi. Appassionato neofita di quest’arte, sulla scia del compianto Pier Francesco Ferroni che da Bologna aveva iniziato a svolgere un’opera rarissima di sensibilizzazione alla ceramica italiana e internazionale contemporanea, Gagliardi ha esteso ampiamente l’invito a vari ceramisti un po’ in tutta Italia, ed ha ottenuto un primo risultato apprezzabile.

Sono mancate a questo appello varie personalità affermate e di lunga e comprovata attualità, ed altre di giovani dalle qualità esperite o emergenti: ma come primo risultato esso appare già di ottimo livello.

Debbo innanzitutto sottolineare la presenza di personaggi come:

Lee Babel, Carlos Carlè, Nino Caruso, Pino Castagna, Candido Fior, Bruno Gambone, Annie Lambert, Giuseppe e Antonio Lucietti,

Pompeo Pianezzola, Alessio Tasca, nei quali è stimolante vedere talora in dimensioni inusitate, esiti ultimi di indubbio interesse oltre che di conferma: segno di una vitalità esemplare oltre che di un rigore nella ricerca e nella coerenza.

Fra le generazioni più recenti, e che tuttavia hanno già dato reiterate prove del proprio talento, ritrovo con piacere in questa occasione: Roberto Cambi, Luciano Laghi, Andriano Leverone, Sandro Lorenzini, Liliana Malta, Stefano Merli, Giancarlo Montuschi, Francesco Rigon, Enrico Stropparo. In questo gruppo, dedito prevalentemente al rapporto ceramica-scultura, vanno individuate almeno alcune fra le personalità più sicure maturate nell’ultimo decennio circa fra Romagna, Veneto e Liguria.

Ultimi ad essere segnalati, non certo per loro demerito ma per una minore circolazione nelle sedi che più ci capita personalmente di frequentare (quelle sedi di cui si parlava all’inizio, non a caso), sono i restanti ceramisti per gran parte d’area toscana o in essa per un modo o l’altro gravitanti: Lidia Astone, Monica Borca, Andrea Caruso, Pietro Maria Maddalena, Stefano Pioli, Franco Rampi, Eleonora Vanni, Armanda Verdirame. Gran parte di essi operano in ricerche sulla tecnica raku - che dall’originale pratica nipponica ha conosciuto interpretazioni occidentali sperimentali e problematiche - con esiti talora anche sofisticati e spesso di grande politezza formale.

Tutti comunque sono coinvolti in un interesse propriamente materico, ricondotto innanzitutto alle canoniche forme della tradizione ceramica, e poi in misura minore sia nella costruzione di forme plastiche e sia, infine, nel versante di un certo occhieggiamento alle pratiche del design. Un’occasione che mi è stata data, questa, di conoscenza che mi è molto cara: quella di incontrare ceramisti che non conoscevo, o conoscevo poco e male, di cui varrà la pena in futuro poter approfondire i percorsi e i significati dell’opera.

Prof. Gian Carlo Bojani